“Adelaide” è l’ultima fatica drammaturgica di Fortunato Calvino, autore napoletano che sin dagli esordi, avvenuti nei primi anni ’90, dopo un decennio circa di regie teatrali e cinematografiche, ci ha abituati alle sue tematiche sociali che ha espresso in una produzione letteraria in cui vengono rappresentati i mondi sommersi ma non troppo dell’illegalità napoletana, dei veri e propri noir di cui sono protagoniste quasi sempre donne, ed in cui il bene non trionfa quasi mai. Con quest’ultimo lavoro egli aggiunge un altro ritratto a questa galleria che comprende le vittime e la carnefice di “Cravattari” (vincitore del premio Fava 1996, nonché di quello intitolato al giovane Giancarlo Siani), le mogli della camorra ed i travestiti di “Malacarne”, nonché le donne con disturbi mentali dovuti agli stupri e alle violenze di “Geltrude” e “Maddalena”. Purtroppo, però, quello che manca ad “Adelaide” è una regia illuminata, come quella che Carlo Cerciello offrì alla memorabile versione di “Malacarne” di due anni fa, infatti Franco Però, che pure ci ha in passato offerto prove dignitose, ha costruito uno spettacolo ovvio, limitandosi alla lettura piatta del testo. Non bastano, infatti, le trovate degli attori seduti ai margini del palco anche quando i loro personaggi non sono in scena, o quella del far eseguire la colonna sonora in diretta dalla voce di un cantante (Stefano Ariota) che avrebbe potuto far apprezzare le proprie doti vocali se gli avessero offerto delle vere melodie e non dei banali vocalizzi, per far emergere lo spettacolo dal mare del “già visto”. Apprezzabili invece risultano le interpretazioni di Imma Piro, il cui solido mestiere le consente di donare al personaggio di Adelaide una scala interpretativa che va da toni drammatici a quelli più ironici, e quella della giovane Roberta Serrano, che interpreta un convincente ritratto di ragazza dei “quartieri” che con una spietata leggerezza è pronta ad offrire il proprio corpo al vincitore della faida camorristica, realizzando il proprio sogno di donna del “capo”. Un gradino più giù invece è la prova di Biagio Forestieri, che pur risultando calzante nel ruolo del giovane soldato della mala, a volte risulta leggermente incomprensibile nell’eccessiva velocità di emissione delle battute. Meno in parte risulta infine Guglielmo Guidi, che enfatizza troppo l’interpretazione dell’avvocato cieco, risultando quindi fuori dal registro naturalistico in cui si muovono gli altri interpreti. Lo spettacolo ha comunque registrato una buona accoglienza del pubblico accorso alla prima, che gli ha riservato dei calorosi saluti finali.
al teatro Nuovo di Napoli (NA)