IL GIARDINO DEI CILIEGI

Lisma e il mondo di Cechov che si sgretola

Recensione:
Il Giardino dei Ciliegi © Laila Pozzo

Un Cechov filologicamente corretto, questo Il Giardino dei Ciliegi firmato da Rosario Lisma: a dispetto dell'ambientazione e dei costumi moderni, il testamento teatrale e spirituale di Cechov non è stato stravolto nemmeno dalla decisione di potare drasticamente l'organico di scena, riducendolo ai sei personaggi principali: Milvia Marigliano (Ljuba), Rosario Lisma (Lopachin), Giovanni Franzoni (Gaev), Eleonora Giovanardi (Varja), Tano Mongelli (Trofimov) e Dalila Reas (Anja).

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


Restano infatti le tematiche psicologiche, filosofiche e sociali dell'autore russo. Cechov è morto poco dopo avere ultimato Il Giardino, che è davvero un'opera riassuntiva della sua vita, non solo teatrale. Da ragazzo lo scrittore era stato infatti testimone di una disavventura familiare molto simile a quella raccontata in questa commedia che Konstantin Sergeevic Stanislavskij ha portato per primo in scena trasformandola però in tragedia. 

Eleonora Giovanardi e Rosario Lisma

Una psicologia in disfacimento

Lisma mette in scena le tensioni e le angosce nate nella società russa dopo che lo zar Alessandro II aveva messo fine alla servitù della gleba nel 1861: lo spaesamento della nobiltà, incapace di comprendere il mutamento in atto e di adeguare il suo ruolo alle nuove circostanze; le spinte sovvertitrici dal basso, provenienti dagli ex schiavi; le istanze e le aspettative dei giovani, chiamati a costruirsi dal nulla un nuovo quadro di riferimento etico ed emotivo.

Come spesso accade in Cechov, anche qui la nota dominante dei personaggi è la doppia incapacità di guardarsi dentro e di capire la realtà esterna per come è veramente. Tutti sono sempre sul punto di fare qualcosa di risolutivo, di rompere gli indugi, di prendere la loro vita nelle loro mani: ma poi si perdono, si arenano, si confondono.

Milvia Marigliano


Il giardino è il simbolo di un passato che non c'è più. Un tempo era la meraviglia del vicinato: oggi lascia il passo al nuovo che avanza a colpi di motosega. Le villette a schiera di Lopachin al posto delle ciliegie che oggi nessuno vuole più. Milvia Marigliano disegna una Ljuba bambina nel corpo di una donna matura: completamente incapace di badare a sé stessa e alla famiglia, scialacquatrice non per intenzione ma per inettitudine nella gestione del reale. 

Una realtà che si rifiuta non solo di accettare ma anche di vedere: come se voltarsi dall'altra parte bastasse ad allontanare gli spettri della rovina. Una rovina che non è un destino ineluttabile ma che è determinata, agevolata e accelerata dal suo comportamento: di fronte alla fine del suo mondo, Ljuba non trova di meglio che scappare nuovamente a Parigi. 

Dalila Reas e Milvia Marigliano

Nel Giardino fuggono tutti

Il Lopachin di Rosario Lisma usa la stessa realtà per arricchirsi sempre di più, conquistando quel potere che ha schiacciato lui e i suoi avi fino a poco tempo prima. Ma anche lui è un irrisolto, incompiuto: non nella sfera degli affari ma in quella degli affetti. Lopachin è sospeso. Da una parte c'è il legame rassicurante e nostalgico con il mondo del passato, dove tutto era chiaro e definito, a cominciare dai rapporti interpersonali e sociali; dall'altra c'è il nuovo che avanza, un mondo senza certezze in cui la sua identità è creata dalle sue azioni. 

Lopachin ama ed è riamato da Varja ma ha paura del sentimento, che significa crescere ed affermarsi davvero come persona oltre che come uomo d'affari: per questo alla fine fugge, rinuncia, né più né meno degli altri. Il Gaev di Giovanni Franzoni è l'emblema del vecchio padronato sul viale del tramonto: debole, infantile, velleitario, incapace di senso pratico, miope.

Rosario Lisma


Di fronte ai problemi incombenti che lo obbligano ad una presa di responsabilità, Gaev ha una regressione infantile come sua sorella. Nelle sue scene, Federico Biancalani lo mostra chiaramente: i due fratelli nella casa della loro infanzia sono circondati da giocattoli enormi, come se li vedessero ancora con gli occhi e le proporzioni di un bimbo. Varja potrebbe saldare i due mondi, sposandosi con Lopachin, ma anche lei non riesce a prendere l'iniziativa ed è costretta a una partenza che ha il sapore di una fuga e che significa la rinuncia alla sua compiutezza di donna. 

Lisma sceglie di aumentare la carica di speranza che già Cechov ha assegnato ad Anja, la figlia minore di Ljuba, e a Trofimov, l'eterno studente. Non hanno più nulla, a cominciare dai legami con il passato, ma si affidano con entusiasmo alla nuova vita che avanza: qualsiasi essa sia. 

Lisma cambia il finale di Cechov

Lisma ha dovuto modificare il finale tradizionale, a causa dell'organico ridotto, e la sua scelta è diventata emblematica. Il vecchio armadio di legno, secolare, che ha campeggiato massiccio in scena per tutto lo spettacolo (simboleggiando l'ordine del passato che immutabile si è ripetuto per generazioni) si apre all'improvviso e mostra di rappresentare in realtà il vuoto: un vuoto da cui, uno dopo l'altro, fanno capolino i personaggi. 

Hanno la valigia in mano, perché sono in partenza dopo la fine del loro mondo. Ma sarà vero? In realtà sono vestiti come all'inizio e non si allontanano: anzi, tornano al centro del palcoscenico come per ricominciare a recitare. E se invece di partire stessero arrivando per la prima volta?
 

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Visto il 12/03/2023
al teatro Gustavo Modena di Genova (GE)

Il giardino dei ciliegi
Prosa
Informazioni principali
Regia
Rosario Lisma
Protagonista
Milvia Marigliano, Rosario Lisma, Giovanni Franzoni, Eleonora Giovanardi, Tano Mongelli, Dalila Reas

Paolo Fizzarotti

  Redattore

Giornalista professionista del gruppo Gedi GNN, prima al Gruppo Editoriale L’Espresso/Finegil. In quasi quarant’anni di lavoro in redazione ha scr...

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