LA PROVA DI UN'OPERA SERIA

“La prova d' una opera seria”, bella prova delle giovani leve del Conservatorio Venezze

Recensione:
La prova di un'opera seria © Valentina Zanaga

Dopo alcuni incerti approcci teatrali, per Francesco Gnecco un po' di fama giunse con La prima prova di un'opera seria, farsa musicale in un atto su libretto dell'abate Giulio Artusi, data nel 1803 a Venezia nel Teatro S. Giovanni Grisostomo, fu poi ampliata poi e suddivisa in due atti, con aggiunte testuali e musicali del compositore genovese, e riproposta nel 1805 al Teatro alla Scala assumendo il titolo accorciato di La prova di un'opera seria.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Da Milano in giro per l'Europa

A Milano il lavoro di Gnecco ottenne un successo assai lusinghiero, brillante preludio ad un inesauribile giro di apparizioni nei teatri di tutta Europa, i cui pubblici ne apprezzavano la sapida comicità ritrovandovi - come nella futura Le convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti, che qualcosa indubbiamente le deve – una satira dei meccanismi teatrali dell'epoca, con il corollario di consuetudini, eccessi, meschinità e capricci legati alla messa in scena di un melodramma. 

Nella prima versione, quale parodia delle prove degli Orazi e Curiazi di Cimarosa, melodramma di cui gli spettatori veneziani avevano buona memoria in quanto creato alla Fenice sette anni prima; nella seconda, di un'immaginaria Ettore in Trabisonda.

Feconda sinergia tra teatro e conservatorio

Per queste recite del Teatro Sociale di Rovigo - coprodotte con il locale Conservatorio “F. Venezze”, che se ne è fatto maggior carico - si è adottata la prima versione, peraltro rimpolpata con varie arie da baule, seguendo l'indirizzo che negli ultimi decenni ne ha fatto una partitura aperta alle contaminazioni, secondo l'estro di regista e direttore. 


Per cui, accanto alle melodie di Gnecco ed alle ovvie citazioni di pezzi cimarosiani («Quelle pupille tenere», «Cara fiamma del mio core» o «Se alla patria ognor donai») in questo caso troviamo interpolati, a creare una inedito pasticcio, ad esempio brani di Mozart («Deh vieni alla finestra» dal Don Giovanni), di Gluck («Che farò senza Euridice»), di Hasse («Se al labbro mio non credi» da Artaserse), di Händel («Sta nell'Ircana pietriosa tana» dall'Alcina). 

Per chiudere, una sorta di passerella finale danzata da tutto il cast, su di un arrangiamento del Fandango dal Quintetto G448 di Boccherini. Dove le nacchere le suonava dal podio Elisabetta Maschio, spigliato concertatore/direttore di grande energia, dallo spiccato portato teatrale, e molto attento al colorito strumentale. L'Orchestra del Conservatorio rodigino - che ricade sotto le sue attenzioni – se la sbriga più che bene.

Una partitura ideale per rodare giovani talenti

Benché partitura di non eccelso livello, ancorata agli stilemi musicali del '700, risulta peraltro adatta al rodaggio di voci in via di formazione. Voci che frequentano, in questo caso, le aule del locale Dipartimento di Canto. Due sono cinesi, e promettono bene: sono i soprani Yang Liu (Corilla) e Yijung Huang (Violante).

Il fatuo Federico è ben interpretato dal tenore Matteo Urbani; il poliedrico Fischietto con qualche incertezza dal tenore Wei Li. Da tenere d'occhio, perché ricco di talento, il sopranista romeno Alexandru Costea: straniante presenza aliena in scena, alla quale sono affidate le due arie barocche di Hasse ed  Händel.

Al loro fianco troviamo due voci collaudate, entrambe basso-baritonali: quella del valente Umberto Chiummo, docente di canto al conservatorio rodigino - ed una lunga carriera alle spalle – chiamato al ruolo del maestro Campanone; e quella del disinvolto Eugenio Maria Degiacomi, messo a vestire i panni del Poeta.

Umberto Chiummo

Tutti al bancone del Caffè Teatro

Scena unica di Giulio Magnetto: un retropalco di teatro con in fianco un bar, i cui scattanti addetti sono Hao Ding, Cristian Ucrainschi, Linda Arfiero. I costumi, non firmati, ci portano ai primo '900. Anna Cuocolo è coreografa e regista di vaglia, oltre che docente di arte scenica: lavora in perfetta simbiosi con la direzione musicale, e per divertire il pubblico mette in campo una drammaturgia intelligentemente rinnovata, molto ironica, snella e vorticosa, ricca di belle trovate. 

E, ovviamente, di movenze danzate: come il suddetto Fandango finale, a sipario riaperto, che desta l'entusiasmo nostro e della sala. Un encomiabile esempio di come sviluppare e proporre un progetto didattico teatrale.
 

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Visto il 04/03/2023
al teatro Sociale di Rovigo (RO)

La prova di un'opera seria
Lirica
Informazioni principali
Regia
Anna Cuocolo
Protagonista
Allievi delle classi di canto del Conservatorio Statale di Musica Francesco Venezze di Rovigo

Gilberto Mion

  Redattore

Studi ad indirizzo classico. Già collaboratore del quotidiano Il Gazzettino, della rivista Pagine Venete e di altre testate regionali, ha&n...

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